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11 apr 2025
Cannibalismo, Bugie e Colonizzazione Europea
Introduzione: Definizione e Contesto del Cannibalismo nell'Era Moderna (Dal 1500)
Il cannibalismo, definito come l'atto o la pratica di esseri umani che mangiano la carne o gli organi interni di altri esseri umani , è un fenomeno che ha suscitato fascino e orrore nel corso della storia. Il termine si estende anche in zoologia per descrivere animali che consumano parti di individui della stessa specie. In ambito medico, la definizione può includere il cannibalismo ritualistico e persino il sadismo orale. La parola "cannibale" deriva dallo spagnolo "caníbal" o "caríbal", originariamente usata per riferirsi ai Kalinago (Caraibi insulari), un popolo dei Caraibi occidentali che si diceva mangiasse carne umana. Il termine più arcaico per il cannibalismo umano è antropofagia, che letteralmente significa "mangiare uomini". L'origine stessa del termine "cannibale" da un gruppo indigeno spesso descritto come selvaggio dai colonizzatori europei mette in luce come le accuse di cannibalismo siano state storicamente utilizzate per "alterizzare" e demonizzare le popolazioni non occidentali. Questa etimologia suggerisce una potenziale distorsione nelle prime testimonianze.
Cannibalismo nel 1800
Il cannibalismo si manifesta in diverse forme, ognuna con motivazioni e contesti specifici. Il cannibalismo istituzionalizzato, a volte chiamato anche "cannibalismo appreso", si riferisce al consumo di parti del corpo umano come pratica culturale generalmente accettata all'interno di una società. Al contrario, il cannibalismo di sopravvivenza, o per fame, si verifica quando le persone consumano altri esseri umani in condizioni di estrema necessità, come carestie, naufragi o assedi, al fine di assicurare la propria sopravvivenza. Il cannibalismo rituale è strettamente legato a credenze culturali, cerimonie religiose o pratiche funerarie, spesso con l'intento di onorare i defunti o acquisire le qualità della persona consumata. Il cannibalismo patologico, invece, è motivato da disturbi psicologici o perversioni.
Oltre a queste categorie principali, si distinguono anche l'esocannibalismo, che comporta il consumo di persone al di fuori della propria comunità, spesso nemici , e l'endocannibalismo, il consumo di persone all'interno della stessa comunità, come parte di riti funerari. L'autocannibalismo è l'atto di mangiare parti del proprio corpo , mentre il necrocannibalismo si riferisce al consumo di cadaveri. Il cannibalismo omicidario implica l'uccisione di una persona per mangiarla , e il cannibalismo innocente si verifica quando una persona mangia carne umana senza saperlo. Altre forme includono il cannibalismo bellico, come atto di aggressione contro i nemici , il cannibalismo funerario o mortuario, guidato dall'affetto per i defunti , e il cannibalismo filiale, in cui gli adulti mangiano i propri piccoli. La complessità di queste categorizzazioni evidenzia come le motivazioni e i contesti del cannibalismo possano sovrapporsi, rendendo necessaria un'analisi sfumata per ogni caso.
Il cannibalismo non è un fenomeno esclusivo dell'era moderna o di specifiche culture. È noto che Neanderthal e Homo antecessor praticavano il cannibalismo in una certa misura nel Pleistocene. Occasionalmente, il cannibalismo fu praticato anche in Egitto durante l'antichità e l'epoca romana, così come in periodi successivi di gravi carestie. Queste testimonianze premoderne suggeriscono che il cannibalismo ha radici profonde nella storia umana e non è limitato a un periodo specifico.
Questo articolo si concentra sul cannibalismo nell'era moderna, dal 1500 in poi, esplorando episodi documentati e contesti culturali in Africa, nelle Americhe, in Asia e in Australia. Verranno esaminate culture che si dice abbiano praticato il cannibalismo, distinguendo tra prove concrete e voci o miti. Saranno inoltre identificati eventuali episodi di cannibalismo di massa avvenuti in Occidente, mantenendo un approccio informativo e basato su fonti attendibili.
La seguente tabella riassume le diverse forme di cannibalismo discusse:
Tipo di Cannibalismo
Descrizione
Esempi (dai materiali di ricerca)
Istituzionalizzato
Consumo di parti del corpo umano come pratica culturale generalmente accettata.
Fore della Nuova Guinea (cannibalismo mortuario), Batak di Sumatra (in contesti specifici), Māori (cannibalismo di guerra).
Di Sopravvivenza
Consumo di altri esseri umani in condizioni di estrema necessità come carestie, naufragi o assedi.
Spedizione Donner, Jamestown "Periodo di Fame", sopravvissuti del disastro aereo delle Ande, assedio di Leningrado, naufragio della Medusa.
Rituale
Consumo di carne umana legato a credenze culturali, cerimonie religiose o pratiche funerarie.
Aztechi (sacrifici), alcune tribù indigene del Nord e Sud America (guerra, riti funerari), Società Leopardo (presunti rituali).
Patologico
Consumo di carne umana motivato da disturbi mentali o perversioni sessuali.
Serial killer come Jeffrey Dahmer e Armin Meiwes.
Esocannibalismo
Consumo di persone al di fuori della propria comunità, spesso nemici.
Māori (nemici di altre tribù), Dayak del Borneo (nemici uccisi), alcune tribù aborigene australiane (nemici).
Endocannibalismo
Consumo di persone all'interno della propria comunità, spesso parenti defunti.
Fore della Nuova Guinea (parenti defunti), alcune tribù aborigene australiane (parenti defunti).
Autocannibalismo
Atto di mangiare parti del proprio corpo.
(Menzionato come categoria, ma non ci sono esempi specifici dai materiali di ricerca nel contesto del periodo 1500 in poi, ad eccezione forse di casi medici estremi non dettagliati).
Necrocannibalismo
Consumo di cadaveri.
Spedizione Donner, Jamestown, assedio di Leningrado (come forma di cannibalismo di sopravvivenza).
Omicidario
Uccidere qualcuno per mangiarlo.
Serial killer come Jeffrey Dahmer e Armin Meiwes (in alcuni casi), forse alcuni casi estremi di cannibalismo di sopravvivenza (anche se spesso il consumo avveniva dopo la morte per altre cause).
Cannibalismo Medico
Consumo di parti del corpo umano per scopi medicinali.
Europa (XVI-XVIII secolo) - uso di mummie in polvere e altre parti del corpo.
Cannibalismo in Africa (Dal 1500): Episodi Documentati e Contesti Culturali
I resoconti sul cannibalismo in Africa nell'era moderna e coloniale sono numerosi, ma è essenziale approcciarsi a essi con cautela. Le più antiche testimonianze scritte sul cannibalismo in Africa occidentale provengono da autori musulmani che visitarono la regione nel XIV secolo. Tuttavia, durante l'epoca coloniale, i resoconti di pratiche cannibaliche venivano spesso utilizzati da osservatori esterni per giustificare la sottomissione e lo sfruttamento delle popolazioni non europee in Africa e altrove. Pertanto, tali fonti richiedono un esame particolarmente critico prima di essere accettate come veritiere. La frequente associazione del cannibalismo con le popolazioni africane da parte degli autori coloniali solleva interrogativi sulla loro accuratezza e se tali affermazioni fossero una realtà o piuttosto una tattica per giustificare il dominio coloniale. È fondamentale analizzare il contesto e le motivazioni di queste fonti per evitare generalizzazioni e pregiudizi.
Tra i casi specifici documentati, vi è quello degli Zimba, un popolo menzionato in numerosi resoconti orali africani e documenti portoghesi intorno al 1590. Gli Zimba sono descritti come invasori di parti dell'attuale Zambia e delle regioni limitrofe, e spesso indicati come cannibali. Alcune fonti orali li descrivono come mercenari che combatterono per Lundu, un sovrano di parte del regno Maravi. Nel 1592, diverse centinaia di portoghesi e molti dei loro alleati locali furono uccisi in uno scontro con gli Zimba per il controllo dell'area intorno a Sena, una città sul fiume Zambesi. Nonostante ciò, alcuni storici mettono in dubbio l'affidabilità delle fonti che si riferiscono agli Zimba come cannibali. La storia degli Zimba evidenzia la difficoltà di distinguere tra fatti e miti, soprattutto quando le fonti sono di parte o basate su racconti orali trascritti da osservatori esterni. La discrepanza tra le fonti portoghesi e la storia orale locale riguardo agli Zimba richiede un'analisi approfondita per determinare se l'etichetta di "cannibali" fosse accurata o un'esagerazione o un'interpretazione errata da parte dei portoghesi.
Nel Bacino del Congo, il cannibalismo sembra essere stato particolarmente diffuso nel tardo XIX secolo. Mentre alcuni gruppi, come i Bakongo, lo rifiutavano completamente, altri consumavano carne umana regolarmente, considerandola superiore ad altre carni. Le vittime includevano nemici uccisi o catturati in guerra, individui di diversi gruppi etnici cacciati per cibo e persone ridotte in schiavitù, in particolare bambini piccoli, che venivano considerati una prelibatezza. In alcune aree, carne umana e schiavi destinati al consumo venivano venduti nei mercati. Questa pratica persistette fino agli anni '50 e riapparve durante la crisi del Congo negli anni '60. Il cannibalismo nel Bacino del Congo aveva diverse motivazioni, tra cui preferenze gastronomiche, dimostrazione di dominio sui nemici e sfruttamento degli schiavi. La vendita di carne umana nei mercati e la preferenza dichiarata per essa indicano che in alcune parti del Congo il cannibalismo non era solo un atto di necessità o rituale, ma una pratica più integrata nella cultura, sebbene non universalmente accettata.
Durante la guerra civile in Liberia, tra la fine del XX e l'inizio del XXI secolo, sono stati segnalati atti di cannibalismo. Il signore della guerra Joshua Milton Blahyi, tristemente noto come "General Butt Naked", ha confessato di aver compiuto sacrifici umani e atti di cannibalismo, credendo che ciò rendesse lui e i suoi soldati immuni ai proiettili. Altri resoconti parlano di persone che mangiavano i corpi dei loro oppositori quando venivano uccisi in battaglia, credendo che lo spirito potente della persona mangiata sarebbe stato distrutto, impedendone la reincarnazione nella famiglia. Il cannibalismo in contesti di guerra civile può essere sia un atto di terrore e dominio che una pratica rituale legata a credenze sulla protezione e sul potere. La testimonianza di "General Butt Naked" rivela una forma di cannibalismo ritualizzato e legato alla violenza della guerra, con motivazioni che vanno oltre la semplice sopravvivenza o la vendetta. La credenza nell'immunità ai proiettili sottolinea la dimensione spirituale e psicologica di tali atti.
I processi di Kussanga, una serie di processi per antropofagia, ebbero luogo nella regione della Bassa Casamance in Senegal tra il 1926 e il 1928. Questi processi rappresentano una delle più vaste azioni penali nella storia coloniale del Senegal, con oltre 180 persone arrestate e 23 processi separati. L'amministrazione coloniale francese mirava a utilizzare questi processi per minare l'autorità dei leader religiosi locali associati alla religione tradizionale awasena e per consolidare il proprio potere nella regione. Tuttavia, i capi locali sfruttarono i processi per accrescere il proprio potere a spese delle autorità religiose tradizionali e per risolvere rivalità locali. I processi di Kussanga dimostrano come le accuse di cannibalismo potessero essere utilizzate come strumento politico e sociale nel contesto coloniale. L'uso dei processi per cannibalismo da parte sia dell'amministrazione coloniale francese che dei capi locali per raggiungere i propri obiettivi politici e personali evidenzia la complessità di tali accuse e la loro potenziale strumentalizzazione.
Il cannibalismo in Africa è stato anche associato a società segrete. La Società Leopardo, ad esempio, operò in Africa occidentale e centrale approssimativamente tra il 1890 e il 1935. Si credeva che i membri di questa società potessero trasformarsi in leopardi attraverso la stregoneria. Si diceva che indossassero pelli di leopardo e utilizzassero armi affilate simili ad artigli, con presunti atti di cannibalismo. Tuttavia, alcuni studiosi contestano la veridicità di queste affermazioni. Nonostante ciò, ci sono testimonianze di membri che confessarono di aver partecipato a banchetti cannibalici, spesso con vittime sacrificate dai propri gruppi familiari. La Società Leopardo è un esempio di come il cannibalismo potesse essere associato a pratiche rituali e segrete, ma anche di come tali accuse potessero essere usate per demonizzare le popolazioni africane. Mentre i resoconti sulla Società Leopardo spesso enfatizzano l'aspetto macabro del cannibalismo, le testimonianze di sacrificio di membri della propria famiglia suggeriscono motivazioni più complesse legate a riti di iniziazione, controllo sociale o credenze spirituali.
È fondamentale riconoscere che molti resoconti di pratiche cannibaliche in Africa sono stati registrati da osservatori esterni, soprattutto durante l'epoca coloniale. Questi resoconti venivano comunemente usati per giustificare la sottomissione e lo sfruttamento delle popolazioni non europee. Pertanto, è essenziale esaminare criticamente queste fonti prima di accettarle come veritiere. Antropologi come Francis B. Nyamnjoh sottolineano come le accuse di cannibalismo fossero spesso usate per "alterizzare" le popolazioni non occidentali, servendo ironicamente a giustificare la successiva "cannibalizzazione" degli accusati da parte dei colonialisti occidentali. Di conseguenza, è essenziale un approccio scettico e contestuale nell'analisi dei resoconti di cannibalismo in Africa, considerando i potenziali pregiudizi coloniali. La storia è spesso scritta dai vincitori, e nel contesto coloniale, le accuse di cannibalismo potrebbero essere state uno strumento per delegittimare le culture africane e giustificare l'intervento europeo. È necessario considerare la prospettiva delle popolazioni africane stesse, quando disponibile.
Cannibalismo nelle Americhe (Dal 1500): Pratiche Indigene e Casi di Sopravvivenza
Nelle Americhe, la pratica del cannibalismo dal 1500 in poi presenta una varietà di forme e motivazioni, spaziando dalle pratiche rituali delle popolazioni indigene a casi estremi di cannibalismo di sopravvivenza tra coloni ed esploratori.
In Nord America, diverse tribù indigene praticavano il cannibalismo, sia in forme rituali che di sopravvivenza. Gli Aztechi, sebbene geograficamente situati in Mesoamerica (Centro America), esercitarono un'influenza significativa sul Nord America e sono noti per aver praticato sacrifici umani su larga scala, seguiti da cannibalismo rituale. Secondo i resoconti, il corpo della vittima, dopo la decapitazione, veniva probabilmente donato a nobili e membri importanti della comunità. Illustrazioni del XVI secolo raffigurano parti del corpo umano cucinate in grandi pentole. Alcuni antropologi hanno suggerito che la carne delle vittime sacrificali potesse essere parte della dieta aristocratica, forse a causa della carenza di proteine nella loro alimentazione. Tuttavia, l'estensione di questa pratica è ancora oggetto di dibattito tra gli studiosi. Il nome "Tecoaque" in lingua nahuatl, che significa "il luogo dove li mangiarono", si riferisce al cannibalismo di un convoglio spagnolo avvenuto nel 1520. Il cannibalismo azteco era profondamente intrecciato con le loro credenze religiose e la struttura sociale, apparendo come un atto sacro e un modo per comunicare con gli dei. La distribuzione dei corpi tra l'élite suggerisce anche una dimensione sociale e politica della pratica.
La tribù dei Karankawa, stanziata in quella che oggi è la regione del Texas, fu descritta per secoli come cannibale. Esistono prove che praticassero il cannibalismo rituale sui loro nemici, come forma di vendetta e per assorbire il loro coraggio. Tuttavia, alcuni studiosi contestano la portata di questa pratica, suggerendo che potrebbe essere stata esagerata. Jean Baptiste Talon, un francese che visse come prigioniero tra i Karankawa nel 1689, testimoniò che mangiavano solo i loro nemici selvaggi e non i francesi, indicando regole specifiche sul consumo di carne umana. Questo suggerisce che il cannibalismo tra i Karankawa era principalmente un atto di guerra e vendetta, con distinzioni chiare tra chi veniva consumato e chi no.
Gli Irochesi, una confederazione di tribù del Nord America, praticavano anch'essi il cannibalismo. I gesuiti che vissero tra loro registrarono la pratica, simile alla tortura, sui nemici sconfitti in battaglia. Questa pratica sembrava legata a rituali di rafforzamento o purificazione e all'umiliazione dei nemici. Per gli Irochesi, il cannibalismo sembrava avere una funzione rituale strettamente connessa alla guerra e al potere, non essendo semplicemente un atto di violenza ma portando con sé significati più profondi legati alla guerra e alla spiritualità.
Numerose altre tribù del Nord America sono state menzionate come praticanti il cannibalismo, tra cui i Montagnais, gli Algonchini, gli Armouchiquois, i Micmac, gli Ottawa, i Chippewa, gli Illinois, i Kickapoo, i Sioux, i Winnebago, i Tonkawa, gli Attacapa, i Kiowa, i Caddo, i Comanche, i Tlingit, gli Heiltsuk, i Kwakiutl, i Tsimshian, i Nootka, i Siksika e alcune tribù californiane e Ute. Questa vasta lista suggerisce che, sebbene le motivazioni e le forme potessero variare, il cannibalismo era una pratica presente in diverse culture indigene del Nord America. Inoltre, alcuni casi di cannibalismo di necessità sono stati documentati tra gli Huron, i Micmac, i Chippewa e gli Etchareottine durante periodi di carestia, portando a misure estreme per la sopravvivenza. La distinzione tra cannibalismo rituale e di sopravvivenza è importante, poiché mentre il primo era legato a credenze culturali, il secondo era una tragica risposta a condizioni ambientali estreme.
Un noto episodio di cannibalismo di sopravvivenza in Nord America è quello dei coloni inglesi di Jamestown durante il "Periodo di Fame" del 1609-1610. Di fronte a una grave carestia, i coloni ricorsero a mangiare vermi, cani, gatti, topi, scarpe e persino cadaveri riesumati. Un caso particolarmente raccapricciante fu quello di un colono che uccise e mangiò la moglie incinta. Analisi forensi condotte nel 2013 confermarono un caso di cannibalismo su una ragazza adolescente, fornendo prove concrete a sostegno dei resoconti storici. Il cannibalismo a Jamestown fu una misura disperata presa in condizioni di estrema carestia, evidenziando come la sopravvivenza possa portare a comportamenti altrimenti tabù.
Un altro tragico esempio è quello della spedizione Donner del 1846-1847. Un gruppo di pionieri americani rimase bloccato dalla neve nella Sierra Nevada, e alcuni membri ricorsero al cannibalismo per sopravvivere, mangiando i corpi di coloro che erano morti per fame, malattia o freddo. In un caso, due guide native americane furono uccise e mangiate. La storia della spedizione Donner è uno degli esempi più noti di cannibalismo di sopravvivenza nella storia americana, illustrando le estreme misure che le persone possono intraprendere per sopravvivere in condizioni avverse. I dettagli sui membri che si assicurarono di non mangiare i propri parenti sottolineano il profondo tabù violato.
In Centro America, come già accennato, gli Aztechi praticavano sacrifici umani seguiti da cannibalismo rituale. Bernal Díaz, un cronista della conquista spagnola, descrisse grandi pentole nel tempio di Quetzalcoatl a Tenochtitlán dove veniva bollita e cucinata la carne umana delle vittime sacrificali per nutrire i sacerdoti. Questo cannibalismo nel contesto dei rituali aztechi era profondamente religioso e legato alla loro cosmovisione.
In Sud America, la tribù dei Tupinambá, stanziata in Brasile, praticava il cannibalismo, come documentato dal soldato tedesco Hans Staden nel 1557. Staden fu prigioniero dei Tupinambá e descrisse i loro rituali cannibalici, specialmente con i prigionieri di guerra. Il loro cannibalismo influenzò anche il famoso saggio di Michel de Montaigne "Dei cannibali". Il cannibalismo per i Tupinambá era una pratica culturale e religiosa significativa, che suscitò sia fascino che orrore tra gli europei, e il racconto di Staden è una delle prime testimonianze dirette del cannibalismo da parte di un europeo nel Nuovo Mondo.
Un tragico esempio moderno di cannibalismo di sopravvivenza in Sud America è il disastro aereo delle Ande del 1972. I sopravvissuti dello schianto del volo 571 dell'aeronautica militare uruguaiana sulle Ande ricorsero al cannibalismo per i 72 giorni trascorsi in montagna, mangiando i corpi dei defunti per sopravvivere. Questo evento è un esempio moderno di cannibalismo di sopravvivenza in condizioni estreme, sollevando importanti questioni etiche e morali sulla decisione dei sopravvissuti di mangiare i corpi dei defunti come ultima risorsa per la vita.
In conclusione, nelle Americhe si sono verificate entrambe le forme di cannibalismo, rituale e di sopravvivenza, con motivazioni e contesti molto diversi. Il cannibalismo rituale era spesso legato a credenze religiose, guerra e dinamiche sociali, mentre il cannibalismo di sopravvivenza era una risposta disperata a situazioni estreme. Comprendere questa distinzione è fondamentale per interpretare correttamente i resoconti storici e antropologici ed evitare di equiparare pratiche con significati culturali specifici a misure estreme dettate dalla necessità.
Cannibalismo in Asia e Australia (Dal 1500): Contesti Culturali e Circostanze Estreme
In Asia, il cannibalismo ha una storia lunga e complessa, con episodi documentati per varie ragioni a partire dal 1500. In Cina, il cannibalismo è stato ripetutamente documentato nelle cronache storiche per diverse motivazioni. Durante periodi di carestia e guerra, il cannibalismo era spesso visto come un mezzo inevitabile per evitare la fame. Le "Ventiquattro Storie" della Cina documentano oltre trecento episodi di questo tipo, accettati come un modo per far fronte a situazioni di pericolo di vita. Inoltre, il cannibalismo era impiegato come forma di vendetta e punizione, con individui e funzionari statali che consumavano la carne dei nemici per umiliarli e punirli ulteriormente. Almeno dalla dinastia Tang (618-907), la carne umana era considerata un trattamento medico efficace, portando a casi di cannibalismo volontario per offrire la propria carne a familiari malati. Sorprendentemente, vari resoconti storici suggeriscono che la carne umana veniva talvolta servita in banchetti sontuosi ed era considerata una prelibatezza da alcuni individui e funzionari ricchi. Durante periodi di disordini sociali e politici, come ribellioni e transizioni dinastiche, il cannibalismo si verificò tra soldati, ribelli e civili a causa di estrema scarsità di cibo e talvolta come mezzo di terrore. Anche nel XX secolo, durante la carestia del Grande Balzo in Avanti (1958-1962) e la Rivoluzione Culturale (1966-1976), sono stati segnalati casi di cannibalismo, alcuni motivati dall'odio ideologico piuttosto che dalla fame.
A Sumatra, in Indonesia, il cannibalismo è documentato principalmente nel XIV e XIX secolo, in particolare tra il popolo Batak. Le vittime includevano bambini acquistati, nemici uccisi o catturati e criminali giustiziati. La pratica sembrava guidata dal gusto per la carne umana, molto apprezzata nella regione. Nel vicino Borneo, alcune popolazioni Dayak praticavano il cannibalismo, specialmente in connessione con spedizioni di caccia alle teste e guerre. La carne umana era considerata particolarmente deliziosa, con alcune parti come i palmi, il cervello e la carne sulle ginocchia particolarmente apprezzate.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, ci sono numerosi casi documentati di cannibalismo da parte di soldati giapponesi in varie parti della sfera di co-prosperità della Grande Asia orientale. Ciò includeva il consumo di propri soldati, nemici morti e prigionieri di guerra alleati, spesso motivato dalla fame ma a volte come attività sistematica sotto il comando degli ufficiali.
In Australia, sebbene gli studiosi generalmente accettino che alcune forme di cannibalismo fossero praticate dagli aborigeni australiani, il consenso moderno è che la pratica fosse limitata a una minoranza di gruppi ed era principalmente associata a riti mortuari o come contingenza per la sopravvivenza. Il cannibalismo funerario (endocannibalismo) era abbastanza diffuso in alcune regioni, con il consumo di parti specifiche del defunto in rituali socialmente controllati per perpetuarne l'esistenza e gli attributi. È stato registrato anche il cannibalismo di persone al di fuori del gruppo sociale (esocannibalismo), come nel caso delle popolazioni Kurnai e Ngarigo che avrebbero mangiato solo i loro nemici. Il cannibalismo era talvolta associato all'infanticidio, praticato principalmente durante le cattive stagioni e per limitare il numero di bambini. Tuttavia, dagli anni '80, gli studiosi sono diventati più critici nei confronti dei resoconti del XIX e dell'inizio del XX secolo sul cannibalismo aborigeno, suggerendo che molte accuse potrebbero essere state esagerate o fabbricate per motivi coloniali. È importante notare che i casi più attendibili di cannibalismo nell'Australia coloniale riguardano detenuti europei, come Alexander Pearce, che confessò atti di cannibalismo di sopravvivenza durante le sue fughe dalla prigione in Tasmania nel 1822 e nel 1823.
In Oceania, la Nuova Guinea presenta una storia significativa di cannibalismo. La tribù Fore praticava una forma di cannibalismo rituale dei loro defunti, noto come transunzione, che portò alla diffusione della malattia neurologica kuru. Il consumo dei corpi dei parenti defunti era un'espressione di amore e dolore e si credeva che riciclasse le capacità del defunto all'interno della famiglia. La pratica cessò negli anni '60 prima che si riconoscesse la causa della malattia. La tribù Asmat era storicamente nota per la caccia alle teste e il cannibalismo, credendo di poter assorbire il potere spirituale dei loro nemici attraverso il loro cranio. Il cannibalismo era una caratteristica secondaria dei rituali che seguivano la caccia alle teste e si dice che abbiano continuato a praticarlo fino agli anni '90. Il cannibalismo era praticato anche in altre parti della Nuova Guinea e nelle Isole Salomone.
Le Figi erano un tempo soprannominate le "Isole dei Cannibali" a causa della diffusione di questa pratica. Si dice che il capo tribale Ratu Udre Udre abbia consumato 872 persone. Il cannibalismo era una parte fondamentale della cultura figiana del XIX secolo, intrecciata con la guerra e le relazioni sociali, spesso come atto di umiliazione e vendetta sui nemici sconfitti. In Nuova Zelanda, i Māori praticavano regolarmente il cannibalismo durante le guerre. I corpi dei nemici venivano mangiati per rabbia e per umiliarli. Il cannibalismo Māori era principalmente diretto ai nemici di altre tribù (esocannibalismo) per vendetta e degradazione.
Cannibalismo di Massa in Occidente (Europa e Nord America) Dal 1500
Il cannibalismo di massa in Occidente dal 1500 in poi si è manifestato principalmente in contesti di estrema carestia, assedi e naufragi, con alcuni casi isolati legati a motivazioni criminali o mediche.
In Europa, sebbene precedente al periodo focale, la Grande Carestia del 1315-1317 è un contesto storico importante in cui si verificarono episodi di cannibalismo a causa della diffusa mancanza di cibo. Le cronache dell'epoca riportano casi di persone che aprivano le tombe dei morti per mangiarli e persino genitori che, nella disperazione, si cibavano dei propri figli. Questo evento storico sottolinea come, in condizioni di grave carenza di risorse, il tabù del cannibalismo potesse essere infranto anche in Europa.
Un esempio più vicino al periodo considerato è l'assedio di Leningrado durante la Seconda Guerra Mondiale (1941-1944). Durante gli 872 giorni dell'assedio, la popolazione civile fu sottoposta a fame estrema, che portò a numerosi casi di cannibalismo. La situazione divenne così grave che la polizia di Leningrado formò persino una divisione speciale incaricata di combattere il cannibalismo. Questo tragico evento dimostra come gli assedi, con il loro isolamento e la mancanza di rifornimenti, possano creare condizioni di sopravvivenza estreme che portano al cannibalismo di massa tra la popolazione civile.
Il cannibalismo di sopravvivenza si è verificato anche in diverse situazioni estreme come naufragi. Il naufragio della Medusa nel 1816 vide i sopravvissuti ricorrere al cannibalismo dopo essere rimasti alla deriva per giorni su una zattera. Similmente, i marinai sopravvissuti all'affondamento della baleniera Essex nel 1820 mangiarono i corpi dei loro compagni per cercare di sopravvivere. Altri casi includono l'equipaggio della HMS Wager nel 1741 , i sopravvissuti della Luxborough Galley nel 1727 e i marinai della nave Mary nel 1735-1736. Questi episodi testimoniano come, in assenza di altre fonti di cibo, le persone possano compiere atti estremi per prolungare la propria vita.
Un aspetto insolito del cannibalismo in Occidente durante l'era moderna è il cannibalismo medico. Dal XVI secolo in poi, in diversi paesi europei divenne diffusa la pratica di consumare parti del corpo umano per scopi medicinali. Migliaia di mummie egiziane venivano macinate e vendute come medicina, ritenute capaci di fermare le emorragie interne e possedere altre proprietà curative. Questo commercio prosperò fino all'inizio del XVIII secolo, e la domanda superava l'offerta, portando spesso alla contraffazione con cadaveri recenti. Anche altre parti del corpo umano, come ossa, sangue e grasso, venivano utilizzate per preparare medicamenti. Questa pratica, che può apparire macabra, era sorprendentemente comune e persistette per secoli.
Infine, ci sono stati casi criminali di cannibalismo in Occidente, spesso associati a individui con gravi disturbi psichiatrici. Serial killer come Albert Fish, Jeffrey Dahmer e Armin Meiwes sono noti per aver ucciso e mangiato parti delle loro vittime. Questi casi, sebbene rari, hanno suscitato grande attenzione mediatica e sollevano importanti questioni sulla psicologia criminale e la natura del male.
Analisi e Categorizzazione degli Atti di Cannibalismo
L'analisi degli episodi di cannibalismo nell'era moderna rivela una complessa interazione tra motivazioni rituali, necessità di sopravvivenza e fattori culturali nelle diverse regioni del mondo. In Africa, sono state documentate tutte e tre le forme. Il cannibalismo rituale era spesso legato a società segrete come la Società Leopardo e a credenze spirituali, con l'intento di acquisire forza o potere. Il cannibalismo di sopravvivenza si manifestava in risposta a carestie e guerre, come nel caso del Bacino del Congo in periodi di conflitto. Il cannibalismo motivato culturalmente, come quello riportato nel Bacino del Congo, sembrava radicato in preferenze gastronomiche e dinamiche sociali, con la carne umana considerata una prelibatezza.
Nelle Americhe, sia il cannibalismo rituale che quello di sopravvivenza sono ben documentati. Gli Aztechi praticavano il cannibalismo rituale nel contesto dei sacrifici umani, con motivazioni religiose e sociali. Diverse tribù indigene del Nord e del Sud America, come i Karankawa e i Tupinambá, praticavano il cannibalismo rituale legato alla guerra e ai riti funerari. Il cannibalismo di sopravvivenza si è verificato in situazioni estreme come a Jamestown durante il "Periodo di Fame", nella spedizione Donner e tra i sopravvissuti del disastro aereo delle Ande, dove la necessità di nutrirsi ha prevalso sui tabù culturali.
In Asia, il cannibalismo di sopravvivenza durante carestie e guerre è ampiamente documentato in Cina, con episodi ricorrenti nelle cronache storiche. Il cannibalismo rituale e motivato culturalmente è presente nelle pratiche dei Batak di Sumatra e dei Dayak del Borneo, spesso legato a guerre e credenze spirituali. Il cannibalismo medico in Europa, sebbene possa apparire strano alla sensibilità moderna, può essere visto come una forma culturalmente accettata in un contesto specifico, basata su credenze mediche dell'epoca.
In Australia e Oceania, il cannibalismo mortuario e di vendetta erano praticati dagli aborigeni australiani e dai Māori. Per gli aborigeni, il consumo di parti del corpo dei defunti era spesso un atto rituale di rispetto e connessione spirituale. I Māori praticavano il cannibalismo principalmente come atto di guerra e vendetta contro i nemici. Il cannibalismo rituale e di guerra era diffuso in Nuova Guinea e nelle Figi, con motivazioni legate all'acquisizione di potere e all'umiliazione dei nemici.
Le motivazioni e le credenze alla base di queste varie forme di cannibalismo sono diverse. Il cannibalismo rituale era spesso inteso a onorare i defunti, acquisire la forza o le qualità di un nemico, comunicare con gli dei o segnare riti di iniziazione. Il cannibalismo di sopravvivenza era una risposta alla necessità estrema in assenza di altre fonti di cibo, una tragica scelta per la vita. Il cannibalismo culturale poteva essere motivato da preferenze gastronomiche, come nel caso del Bacino del Congo e di Sumatra, o come dimostrazione di potere e controllo sociale. Il cannibalismo patologico era legato a disturbi mentali e perversioni sessuali, come nei casi di serial killer in Occidente. Infine, il cannibalismo medico in Europa si basava su credenze sulle proprietà curative di parti del corpo umano, una pratica che oggi appare incomprensibile.
L'impatto della modernizzazione e del colonialismo sulle pratiche cannibaliche è stato significativo. La diffusione delle norme occidentali ha generalmente portato alla proibizione e alla scomparsa delle pratiche cannibaliche istituzionalizzate. Il colonialismo ha giocato un ruolo complesso, con accuse di cannibalismo usate per giustificare la sottomissione e lo sfruttamento delle popolazioni non occidentali, ma anche con la soppressione di pratiche indigene considerate "selvagge".
Conclusione: Una Prospettiva Globale sul Cannibalismo nell'Era Moderna
In sintesi, il cannibalismo nell'era moderna, dal 1500 in poi, si presenta come un fenomeno complesso e multiforme, con manifestazioni e motivazioni diverse a seconda delle regioni geografiche e dei contesti culturali. In Africa, si osservano episodi legati a rituali, sopravvivenza e preferenze culturali, spesso intrecciati con le dinamiche del colonialismo e i conflitti. Nelle Americhe, le pratiche indigene rituali, come quelle degli Aztechi e dei Tupinambá, coesistono con tragici casi di cannibalismo di sopravvivenza tra coloni ed esploratori, evidenziando la dualità di questo fenomeno. In Asia, la Cina spicca per la documentazione storica di cannibalismo di sopravvivenza su larga scala, accanto a pratiche rituali e persino a motivazioni mediche e culinarie in alcune culture. L'Australia e l'Oceania rivelano pratiche legate a riti mortuari e di vendetta tra gli aborigeni australiani e i Māori, nonché forme rituali e di guerra in Nuova Guinea e nelle Figi.
La comprensione e la percezione del cannibalismo si sono evolute nel tempo, influenzate dalla modernizzazione, dal colonialismo e dalla diffusione delle norme occidentali. Le accuse di cannibalismo sono state spesso utilizzate come strumento per "alterizzare" e demonizzare le popolazioni non occidentali, giustificando la sottomissione e lo sfruttamento. Tuttavia, l'analisi di fonti affidabili e le testimonianze dirette rivelano una gamma di motivazioni che vanno dalla necessità estrema a complesse credenze culturali e spirituali.
Il contesto storico e il relativismo culturale giocano un ruolo cruciale nell'interpretazione di queste pratiche. Ciò che appare come un tabù universale nella società contemporanea occidentale ha avuto significati diversi in altre culture e in altri periodi storici. Il cannibalismo, in molte società, non era un atto casuale di violenza, ma spesso un comportamento ritualizzato o una risposta disperata a circostanze estreme.
Nella società contemporanea, il cannibalismo rimane un potente tabù, associato a orrore e depravazione. I casi che emergono, come quelli di serial killer o di sopravvivenza in condizioni estreme, catturano l'attenzione del pubblico proprio per la loro natura trasgressiva. Tuttavia, l'esame storico e antropologico rivela una realtà più sfumata, in cui il cannibalismo ha assunto significati diversi a seconda del contesto culturale e delle necessità umane.
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